domenica 8 gennaio 2012

LUDOVICO LEPOREO

Nato a Brugnera, presso Pordenone, nel 1580 o 1582, studiò dapprima nel capoluogo, poi a Padova dove iniziò a comporre versi. Indossato l'abito talare raggiunse Roma nel 1602 e divenne scrivano alla Dataria apostolica, sotto papa Clemente VII.
Ebbe un moderato successo nei salotti letterari e fu amico, fra gli altri, di Pompeo Colonna e di Juan Caramuel y Lobkowitz, autore della Metametrica. Divenne membro dell'accademia anticlassica dei Fantastici e salvo qualche viaggio in Friuli, passò una vita tranquilla e stanziale, anche se amareggiata dai frequenti intrighi di corte.
La sua prima opera edita fu un panegirico per la canonizzazione di Carlo Borromeo nel 1612 (edito da Marco Claseri). Nei venti anni successivi pubblicò poco, fra cui una traduzione dell'Arte Poetica di Orazio Flacco nel 1630.
Nel 1634 pubblicò il Decadario trimetro, raccolta di poesie di dieci versi contenenti ciascuno tre rime uguali, due interne e una finale, che si susseguono in ordine alfabetico: a e i o u. Il libro suscitò l'attenzione dei letterati del tempo (si parlò di "nuova et inaudita inventione di poesia volgare") e fu iniziatore del genere del "leporeambo", secondo una linea barocca esacerbata, caratterizzato dalla concentrazione parossistica di artifici poetici e fonetici all'interno della singola composizione. Si tratta di sonetti in forma di endecasillabo piano, canzoni e canzonette dai temi più diversi, spesso con rima al mezzo.
Pubblicò numerose raccolte poetiche fino a due anni prima della morte, che lo colse a Roma nel 1655. Fra le raccolte più significative i Leporeambi alfabetici musicali (Bracciano, Andrea Fei, 1639), i Leporeambi nominali alle donne et accademie italiane (1641) e la raccolta Centuria di leporeambi che conobbe almeno tre edizioni (Roma, Eredi di Grignani, 1651; Bologna, Carlo Zenero, 1652 e Udine, Niccolò Schiratti, 1660). L'ultima opera pubblicata fu il Duodecadario, bisdecadario, trisdecadario (Roma, Andrea Fei, 1653). Ecco a voi il Leporeambo dedicato a donna Urbana, del 1641.

Edizioni moderne



Stelio Maria Martini e Arrigo Lora-Totino (a cura di), edizione di Amante imperversato (Napoli, Terra del fuoco, 1989), che raccoglie 56 poesie di Leporeo
Walter Boggione (a cura di), Centuria (Leporeambi, Torino, Edizioni Res, 1993, con un'introduzione di Giorgio Barberi Squarotti)
Mario Turello, Le opere di Lodovico Leporeo, Pordenone 2005 (con presentazione di Rienzo Pellegrini)




Talpa sono, Argo sembro, a morte vado
dubbio sto, scerno il falso, al ver non credo
vivo in duolo, amo il peggio, il meglio vedo
servo Urbana, empia dama, non le aggrado

Erro ognor, nulla imparo, a fole abbado
poco spero, assai perdo, al gioco riedo
lascio il porto, Eolo sfido, il vento fiedo
rosi ho i rami, ergo il volo, a terra cado

Nego il sol, l'acqua al mar, l'arene al lido
muto sto, prego indarno, adorar godo
alpe dura, aspe sorda, idolo infido

Seguo amor senza fè, mi struggo e rodo
gelo in foco, ardo in ghiaccio, in pianto rido
spregio il fin lascio il mezzo aborro il modo

1 commento:


  1. V'è un muro bianco, obliquo al cielo, sopra il quale il cielo si ricrea infinito, verde, assolutamente intoccabile. Gli angeli vi nuotano, e le stelle, anche loro indifferenti. Sono il mio medium.

    Sylvia Plath

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