giovedì 29 dicembre 2022

AMALIA GUGLIELMINETTI

 

Siamo soli nel mondo: ciascun vive in mezzo a un deserto.
Nulla per noi è certo fuorchè questo vuoto profondo.

E i contigui casi degli uomini, e i sogni e le cose
son come ombre fumose vanenti su torbidi occasi.

Talvolta amor mezzano avvicina due solitari,
li illude un’ora e ignari e ignoti li avventa lontano.

Ciascun ch’ami il suo orgoglio la sua verità o il suo errore
è un mesto viaggiatore superstite sopra uno scoglio.

S’illude egli alle prime carezze dell’onde e del vento,
ma tosto lo sgomento dello spazio enorme l’opprime.

Né v’ha cosa più triste della non colmabil lacuna,
dell’ombra che s’aduna fosca fra chi esiste e chi esiste.

lunedì 31 ottobre 2022

CARLO ALBERTO DIANO - (Vibo Valentia, 1902 - Padova, 1974)

 

🔴DAL PUNTO OV'IO SIEDO
Dal punto ov’io siedo
volgendo intorno lo sguardo pigro
partono infinite vie:
nella disperazione di seguirle tutte
contemplo il cielo.

🔴PER IL TUO LIMITE AZZURRO
Per il tuo limite azzurro
dove la luce s’increspa
fiore dell’attimo
apri nel palpito d’ali i tuoi petali
nel cerchio della chiusa forma.

🔴QUALCHE COSA CHE NON TORNERÀ
Qualche cosa che non tornerà.
Ma questo spazio senza fine
nella mia anima – questo è.
Ti sento, vita,
ti porto lieve su ogni fibra,
come ogni zolla il cielo,
gioia senza grido.
Tu – negli occhi sei Tu
negli occhi degli occhi sei Tu
in codesto tuo Nulla Tutto che s’apre,
cielo in un cielo, nel fondo
delle tue pupille, sei Tu.
Potrebbe essere un'immagine raffigurante 1 persona

domenica 9 ottobre 2022

VINCENZO CARDARELLI

 OTTOBRE


Un tempo, era d'estate,
era a quel fuoco, a quegli ardori,
che si svegliava la mia fantasia.
Inclino adesso all'autunno
dal colore che inebbria,
amo la stanca stagione
che ha già vendemmiato.
Niente più mi somiglia,
nulla più mi consola,
di quest'aria che odora
di mosto e di vino,
di questo vecchio sole ottobrino
che splende sulla vigne saccheggiate.
Sole d'autunno inatteso,
che splendi come in un di là,
con tenera perdizione
e vagabonda felicità,
tu ci trovi fiaccati,
vòlti al peggio e la morte nell'anima.
Ecco perché ci piaci,
vago sole superstite
che non sai dirci addio,
sole che rivediamo,
col tuo giungere ogni mattina
come un nuovo miracolo,
tanto più bello quanto più t'inoltri
e sei lì per spirare.
E di queste incredibili giornate
vai componendo la tua stagione
ch'è tutta una dolcissima agonia.

mercoledì 3 agosto 2022

The Last Resort (canzone degli Eagles, dall'album Hotel California, 1976)

 L’ULTIMA SPIAGGIA


Lei viene da Providence, nel Rhode Island
Dove le ombre del vecchio mondo incombono minacciose nell’aria
Aveva messo nel bagaglio le sue speranze e i suoi sogni come una profuga
Proprio come suo padre quando aveva attraversato il mare.

Sentì di un posto, dove la gente era felice
Parlavano di come vivevano i pellerossa, di come amavano la terra
E ne arrivavano da ogni dove fino allo spartiacque continentale
Cercando un posto dove vivere o dove nascondersi.

I bar sono pieni di gente che se la spassa
Non vedo l'ora di raccontarti com'è lassù
E lo chiamano paradiso, ma non so perché
Qualcuno ha spianato le montagne per tirare su la città.

Poi i venti gelidi hanno soffiato attraverso il deserto
Attraverso le gole sulla costa fino a Malibu
Dove sta proprio della bella gente, gente affamata di potere
Hanno acceso le loro insegne al neon e si son dati da fare.

E’ arrivata gente piena di soldi e ha devastato la terra, nessuno li ha fermati
Hanno fornito un mucchio di orrende casupole e la gente gliel’ha comprati
E l’hanno chiamato paradiso, il posto dove stare
Sono stati a guardare il sole offuscato che moriva nel mare.

Puoi lasciare tutto e far rotta sulle Hawaii
Proprio come i missionari tanti e tanti anni fa
Si portarono dietro persino un'insegna luminosa: "Gesù sta arrivando"
Tutto il peso dell’uomo bianco si è abbattuto
Hanno portato il regno dell'uomo bianco.

Chi provvederà al piano grandioso, che cos’è tuo e che cos’è mio?
Visto che non ci sono più nuove frontiere, ci tocca farlo qui
Soddisfare i nostri bisogni infiniti e giustificare le nostre azioni sanguinarie
Nel nome del destino e nel nome di Dio.

E puoi trovarli là ogni domenica mattina
Si alzano in piedi e cantano di come sia lassù
Loro lo chiamano paradiso, ma non so perché
Chiama un posto paradiso e digli pure addio.

sabato 25 giugno 2022

PATRIZIA CAVALLI

 

Datura

da Datura (2013)


Ma io non voglio andarmene così,
lasciando tutto come ho trovato
in questa scialba geografia che assegna
l’effetto alla sua causa e tutti e due consegna
all’umile solerzia dell’interpretazione.
Un altro è il mio progetto, la mia ambizione
è accogliere la lingua che mi è data
e, oltre il dolore muto, oltre il loquace
suo significato,   giocare alle parole
immaginando, senza un’identità,
una visione. Come di fronte a un fiore
di datura, a quel suo giallo
non propriamente giallo, crema piuttosto,
la stessa crema che ha la pesca bianca,
con brividi di verde trasparente,
ma delicati, piccoli,
il modo di morire al terzo giorno
o meglio, di seccarsi plissettandosi,
pelle di daino, straccetto, guanto,
ala di pipistrello acciaccato, riccioli, rostri,
questa bellezza propriamente sua,
che tutto ciò in se stesso non ci pensi
neppure alla lontana a poter essere
una soltanto di tutte queste cose
che dipenda da me la sua apparenza,
che ne sia io la sola responsabile,
questa è la gioia fiera del mio compito,
qui è il mio valore. Io valgo più del fiore.

lunedì 16 maggio 2022

PIER PAOLO PASOLINI

 "Supplica a mia madre"


È difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.
Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.
E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame
d’amore, dell’amore di corpi senza anima.
Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era l’unico modo per sentire la vita,
l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.
Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…

sabato 16 aprile 2022

COSTANTINO KAVAFIS

 ASPETTANDO I BARBARI di Costantino Kavafis

Che aspettiamo, raccolti nella piazza?
Oggi arrivano i barbari.
Perché mai tanta inerzia in Senato?
Perché i senatori siedono e non decretano leggi?
Oggi arrivano i barbari.
Che leggi devono fare i senatori?
Quando verranno le faranno i barbari.
Perché l’imperatore s’è levato
così per tempo e sta, solenne, in trono,
alla porta maggiore, incoronato?
Oggi arrivano i barbari!
L’imperatore aspetta di ricevere
il loro capo. E anzi ha già disposto
l’offerta d’una pergamena. E là
gli ha scritto molti titoli ed epiteti.
Perché i nostri due consoli e i pretori
sono usciti stamani in toga rossa?
Perché i bracciali con tante ametiste,
gli anelli con gli splendidi smeraldi luccicanti?
Perché brandire le preziose mazze
coi bei caselli tutti d’oro e argento?
Oggi arrivano i barbari,
e questa roba gli fa impressione.
Perché i valenti oratori non vengono
a snocciolare i loro discorsi, come sempre?
Oggi arrivano i barbari, e loro
sdegnano la retorica e le arringhe.
Perché d’un tratto questo smarrimento
ansioso? (I volti come si son fatti serii)
Perché rapidamente le strade e le piazze
si svuotano, e tutti tornano a casa perplessi?
S’è fatta notte, e i barbari non sono più venuti.
Taluni sono giunti dai confini,
han detto che di barbari non ce ne sono più.
E adesso, senza barbari, cosa sarà di noi?
Era una soluzione, quella gente.
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