giovedì 7 dicembre 2023

PIERO CIAMPI

 

Se un pittore ti vedesse
inventerebbe una nuova luce.


L'usignolo t'incontrerà
e farà il nido sulla tua mano,
dolce e chiaro amore.


Hanno distrutto le tue speranze,
viso di primavera,
ma qualcuno è qui che ti ama mattino e sera.

Cerca di dormire serena.

sabato 25 novembre 2023

DIEGO VALERI


L'Assenza.

C'è, scavata nell'aria, la tua dolce
forma di donna; un vuoto
che palpita di te, come l'immoto
silenzio dopo una perduta voce
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Fiore del nulla.

Quando ti schiudi, fiore
divino, assorto è il tempo
fuor di notte e di giorno,
l'aria non ha colore,
tutto è perduto intorno.
Tu solo sei, divino
fiore del nulla, amore.
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Il Fiume.

Il fiume che si svena alla sua foce,
la sera che s'incenera e si sfa
nella tenebra morta, il fil di voce
del vento tra la viscida erba... Cuore,
quello ch'è stato d'amore e dolore
più non sarà.
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Albero.

Tutto il cielo cammina come un fiume,
grandi blocchi traendo di fiamme e d'ombra.
Tutto il mare rompe, onda dietro onda,
splendido, alle fuggenti dune.
L'albero, chiuso nel puro contorno,
oscuro come uno che sta su la soglia,
muto guarda, senza battere foglia,
gli spazi agitati dal trapasso del giorno.

venerdì 3 novembre 2023

GIORGIO CAPRONI - "Foglie"

 


Quanti se ne sono andati…
Quanti.
Che cosa resta.
Nemmeno
il soffio.
Nemmeno
il graffio di rancore o il morso
della presenza.
Tutti
se ne sono andati senza
lasciare traccia.
Come
non lascia traccia il vento
sul marmo dove passa.
Come
non lascia orma l’ombra
sul marciapiede.
Tutti
scomparsi in un polverìo
confuso d’occhi.
Un brusìo
di voci afone, quasi
di foglie
controfiato
dietro i vetri.
Foglie
che solo il cuore vede
e cui la mente non crede.

martedì 17 ottobre 2023

LOUISE GLUCK

 

'Corpo mio, ora che non viaggeremo più
molto a lungo insieme,
comincio a provare una nuova tenerezza
verso di te, molto cruda ed inconsueta,
come i ricordi che ho dell'amore
quando ero giovane
l'amore che era così spesso sciocco
nei suoi intenti
ma mai nelle sue scelte,
nelle sue intensità.
Troppo chiedere in anticipo,
troppo che non poteva essere promesso.
La mia anima è stata così timida,
così violenta: perdona la sua brutalità.
Come fosse quell'anima, la mia mano
si muove cauta su di te,
non volendo recare offesa
ma impaziente, finalmente, di raggiungere
l'espressione come sostanza:
non è la terra che mi mancherà,
sei tu che mi mancherai.'

sabato 30 settembre 2023

FRANCO MANESCALCHI

 CARTOLINA POSTALE

Sono stanco davvero: ho visto il mare
nelle pendici fra Volterra e Cecina dove il tempo si scioglie in mille pieghe
e i fantasmi camminano sull’acqua del passato remoto che ritorna.
Ho visto il mare della preistoria
alzarsi sulle crete lavorate
e rianimare i fossili.
Sono stanco davvero: a Populonia
ho sentito le acque ritirarsi
e riemergere il golfo di Baratti
coi bastioni murati dove adesso
le alghe ricominciano il percorso precario dei millenni
verso casa uscendo da quel gioco di colline
e di lingue di terra senza tempo
dove Firenze appare oltre le balze
del Chianti e ogni apparenza ha preso il volo
e sono stanco d’essere nel vero
Rimani, non c’è niente da spartire. Ora il tavolo è nudo, nudo il legno.
Si legge il tempo, le sue dure spine,
A nodo a nodo, come in un disegno.
Metti la giacca alla spalliera e siedi.
Anche la gatta tace nel suo regno, Regno che tu mutissima presiedi.
I fogli sono bianchi nel cassetto.
Alto sui tetti il sole arde Rifredi.
Forse il tempo è compiuto, ma di getto.
Un volo di piccioni al cornicione scompiglia l’orizzonte ed io rimetto
– con un gesto improvviso – in discussione
ogni certezza, l’ultimo copione

mercoledì 6 settembre 2023

GIUSEPPE GIOACCHINO BELLI

 

COSA  FA  ER  PAPA?


Cosa fa er Papa? Eh, trinca, fa la nanna,
taffia, pija er caffè, sta a la finestra,
se svaria, se scrapiccia, se scapestra,
e tiè Rroma pe camera-locanna.
Lui, nun avenno fiji, nun z'affanna
a dirigge e accordà bbene l'orchestra;
perché, a la peggio, l'ùrtima minestra
sarà sempre de quello che commanna.
Lui l'aria, l'acqua, er zole, er vino, er pane,
li crede robba sua: è tutto mio!
Come a sto monno nun ce fussi un cane.
E quasi quasi goderìa sto tomo
de restà solo, come stava Iddio
avanti de creà l'angeli e l'omo.

sabato 29 luglio 2023

CESARE PAVESE

 

Ascolteremo nella calma stanca
la musica remota
della nostra tremenda giovinezza
che in un giorno lontano
si curvò su se stessa
e sorrideva come inebriata
dalla troppa dolcezza e dal tremore.
Sarà come ascoltare in una strada
nella divinità della sera
quelle note che salgono slegate
lente come il crepuscolo
dal cuore di una casa solitaria.
Battiti della vita,
spunti senz’armonia,
ma che nell’ansia tesa del tuo amore
ci crearono, o anima,
le tempeste di tutte le armonie.
Ché da tutte le cose
siamo sempre fuggiti
irrequieti e insaziati
sempre portando nel cuore
l’amore disperato
verso tutte le cose.

lunedì 26 giugno 2023

RUTH KELLER (INGEBORG BACHMANN, nata a Klagenfurt e deceduta in Roma)

 

In den Bäumen kann ich keine Bäume mehr sehen.
Die Äste haben nicht die Blätter, die sie in den Wind halten.
Die Früchte sind süß, aber ohne Liebe.
Sie sättigen nicht einmal.
Was soll nur werden?
Vor meinen Augen flieht der Wald,
vor meinem Ohr schließen die Vögel den Mund,
für mich wird keine Wiese zum Bett.
Ich bin satt vor der Zeit
und hungre nach ihr.
Was soll nur werden?
Auf den Bergen werden nachts die Feuer brennen.
Soll ich mich aufmachen, mich allem wieder nähern?
Ich kann in keinem Weg mehr einen Weg sehen.

Non riconosco più gli alberi come alberi.
I rami non hanno le foglie che li fanno opporre al vento.
I frutti son dolci, ma privi d'amore.
E non saziano neppure.
Ora che accadrà?
Il bosco fugge davanti ai miei occhi,
vicino al mio orecchio tacciono gli uccelli,
non c'è prato che mi faccia da letto.
Sono sazia di tempo
ma anelo più tempo.
Ora che accadrà?
Sui monti arderanno nottetempo i falò.
Dovrei schiudermi? Riavvicinarmi a tutto?
In nessuna via riesco più a trovare una via.

domenica 28 maggio 2023

GIOVANNA BEMPORAD

 

Veramente io dovrò dunque morire

Veramente io dovrò dunque morire
come un insetto effimero del maggio,
e sentirò nell’aria calda e piena
gelare a poco a poco la mia guancia?
Più vera morte è separarsi in pianto
da amate compagnie, per non tornare,
e accomiatarsi a forza dalla celia
giovanile e dal riso, mentre indora
con tenerezza il paesaggio aprile.
O per me non sarebbe male, quando
fosse il mio cuore interamente morto,
smarrirmi in questa dolce alba lunare
come s’infrange un’onda, nella calma
***
Non farmi così sola come il vento
che si dispera in questa notte fonda
fino a morirne, eternamente sola
non farmi, come già sono da viva,
sotto la volta immensa ch’è misura
del nostro nulla. In punto di lasciare
questa mia fragile vicenda, tutte
le mie dolci abitudini, e la gioia
che spesso segue all’urto del dolore,
voglio adagiarmi su una zolla d’erba
nell’inerzia, supina. E avrò più cara
la morte se in un attimo, decisa,
piano verrà, toccandomi una spalla

sabato 20 maggio 2023

RAFFAELLO BALDINI da Santarcangelo di Romagna (1924-2014)


“A n´e´ so”
Invìci mè l´è un pó ch´a pràigh, ad nòta,
quant a m svégg, ch´a so lè, ch´a n´arcàp sònn,
l´è la vciaia? a n´e´ so, l´è la paéura?
a pràigh, e u m pèr ´d sintéi, a n´e´ so,
cmè ch´a n fóss da par mè, a n´e´ so, cmè che,
l´è robi ch´l´è fadéiga, a déggh acsè,
mo a n´e´ so gnénch´ s´a i cràid o s´a n´i cràid.

Non lo so
Invece io è un po´ che prego, di notte
quando mi sveglio, che sono lì, che non riprendo sonno,
è la vecchiaia? non lo so, è la paura?
prego, e mi pare di sentire dentro, non lo so,
come se non fossi solo, non so, come se,
sono cose che è difficile, dico così,
ma non so nemmeno se ci credo o non ci credo.

sabato 29 aprile 2023

VLADIMIR MAJAKOWSKIJ

 

Che il tempo
esploda dietro a noi
come una selva di proiettili.
Ai vecchi giorni
il vento
riporti
solo
un garbuglio di capelli.
Per l’allegria
il pianeta nostro
è poco attrezzato.
Bisogna
strappare
la gioia
ai giorni futuri.
In questa vita
non è difficile
morire.
Vivere
è di gran lunga
più difficile.

lunedì 27 marzo 2023

JORGE LOUIS BORGES

 

Né l’intima grazia della tua fronte luminosa
come una festa
né il favore del tuo corpo, tuttora arcano
e tacito e fanciullesco,
né l’alternarsi delle tue vicende in parole
o in silenzi
saranno offerta cosí misteriosa
come rimirare il tuo sonno coinvolto
nella veglia delle mie braccia.
Di nuovo miracolosamente vergine per la virtú
assolutoria del sonno,
serena e splendente come fausto ricordo trascelto,
mi offrirai quella sponda della tua vita
che tu stessa non possiedi.
Proiettato nella quiete,
scorgerò quella riva estrema del tuo essere
e ti vedrò forse per la prima volta
quale Iddio deve ravvisarti,
annullata la finzione del Tempo,
senza l’amore, senza di me.

domenica 19 marzo 2023

ANNA MARIA ORTESE

 

Il cielo sulla mia testa,

l'azzurro che mi guarda,

il sole che mi abbraccia,

le montagne che ardono immobili,

il vento che grida,

tutto questo sei tu.

Sei anche il mio paese,

sei la speranza.

Per quelli che non ti hanno visto

ho un'ansia nel cuore,

vorrei regalare il mio amore.

Ma non ancora, rimani,

dolcezza, a guardarmi.

Gelo, neve, torrenti

di tenebra e dolore

feriscono la mia memoria,

ogni strada chiusero,

e storia.

Mia bandiera di seta celeste,

sono una terra che duole.

Mio fratello caro,

padre e bambino mio,

non avevo nulla di cui bearmi,

ora guardo i tuoi occhi.

Quando morirò, 

volate o rivi azzurri,

a cercare altra sete e fame,

altro oscuro deserto.

Io non ho più paura,

non voglio che altri ne abbia.

Guardati intorno, consolazione.

Corri, speranza.

Scendi, giovane fiume,

pura luce sulle

pietraie del mondo.

Oh, amore, batte troppo

il mio cuore perchè io

non sappia d'essere sveglia.

Ma un sole così alto fa piangere.

Riposa sulla mia gola, riposa,

coprimi gli occhi,

bandiera cara.

giovedì 16 marzo 2023

WALTER GALLI

  

La grande poesia di Walter Galli, uno dei più grandi poeti dialettali italiani del secondo Novecento e il più grande in assoluto della storia di Cesena.

I nómar sgaf dla Valdóca (Quartiere di Cesena, ndr)
Prema ch’e’ sia trop tèrd
bsugnarà pu ch’a v’ degga dla Valdóca:
quàtar capani sgangarèdi e una vióla,
e dla zenta ch’la j à campè la vita aqué:
instèdi cun al moschi int j ócc
e invìran ch’e’ giazeva l’acva int i calzìdar,
me, e’ fiól ’d Galóz e’ barbir,
prema che gnasquèl e’ sia pórbia.
Cuntev la stória
ad clu ch’l’è arturnè a ca’ da l’Argentina
dopo a trent’an, l’à rapè al schèli senza arfiadè,
u s’è stuglè int e’ lèt invstì, e l’è passè acsé,
ad cl’ètar ch’a tulami sempra in zir
parché e’ scureva e e’ rideva da par lo,
de’ pór Giorgio ch’e’ tulét méi fès ’mazè ’d bòti
piotòst che fè la spia cun i tedesch,
dla Fidalma cla vólta ch’la balét
cun e’ fiól de’ Marchés a e’ Leon d’Ór,
invstida da Pierró, e’ lun lóv de’ vintcèt.
I numeri dispari della Valdoca
Prima che sia troppo tardi / bisognerà pure che vi dica della Valdoca: / quattro catapecchie sgangherate e un vicolo, / e della gente che ha campato la vita qui: / estati con le mosche agli occhi / e inverni che gelava l’acqua nei secchi, / io, il figlio di Galóz il barbiere, / prima che tutto sia polvere. // Raccontarvi la storia / di quello che ritornò dall’Argentina / dopo trent’anni, ha salito le scale senza fiatare, / si è disteso vestito sul letto, ed è passato così, / di quell’altro che prendevamo sempre in giro / perché parlava e rideva da solo, / del povero Giorgio che preferì farsi ammazzare di botte /
piuttosto che fare la spia con i tedeschi, / della Fidalma quella volta che ballò / con il figlio del Marchese al Leon d’Oro, / in costume da Pierrot, il lunedì grasso del ’27.
Potrebbe essere un'immagine in bianco e nero raffigurante 1 persona e barba

lunedì 6 marzo 2023

GIORGIO CAPRONI

 

Non uccidete il mare,
la libellula, il vento.
Non soffocate il lamento
(il canto!) del lamantino.
Il galagone, il pino:
anche di questo è fatto
l’uomo. E chi per profitto vile
fulmina un pesce, un fiume,
non fatelo cavaliere
del lavoro. L’amore
finisce dove finisce l’erba
e l’acqua muore. Dove
sparendo la foresta
e l’aria verde, chi resta
sospira nel sempre più vasto
paese guasto.
Come potrebbe tornare a essere bella,
scomparso l’uomo, la terra.

domenica 26 febbraio 2023

GIORGIO CAPRONI

 

Il mare brucia le maschere,
le incendia il fuoco del sale.
Uomini pieni di maschere
avvampano sul litorale.
Tu sola potrai resistere
nel rogo del Carnevale.
Tu sola che senza maschere
nascondi l’arte d’esistere.

venerdì 10 febbraio 2023

AMELIA ROSSELLI

 


I fiori vengono in dono e poi si dilatano
una sorveglianza acuta li silenzia
non stancarsi mai dei doni.
Il mondo è un dente strappato
non chiedetemi perché
io oggi abbia tanti anni
la pioggia è sterile.
Puntando ai semi distrutti
eri l'unione appassita che cercavo
rubare il cuore d'un altro per poi servirsene.
La speranza è un danno forse definitivo
le monete risuonano crude nel marmo
della mano.
Convincevo il mostro ad appartarsi
nelle stanze pulite d'un albergo immaginario
v'erano nei boschi piccole vipere imbalsamate.
Mi truccai a prete della poesia
ma ero morta alla vita
le viscere che si perdono
in un tafferuglio
ne muori spazzato via dalla scienza.
Il mondo è sottile e piano:
pochi elefanti vi girano, ottusi.
C'è come un dolore nella stanza, ed
è superato in parte: ma vince il peso
degli oggetti, il loro significare
peso e perdita.
C'è come un rosso nell'albero, ma è
l'arancione della base della lampada
comprata in luoghi che non voglio ricordare
perché anch'essi pesano.
Come nulla posso sapere della tua fame
precise nel volere
sono le stilizzate fontane
può ben situarsi un rovescio d'un destino
di uomini separati per obliquo rumore.

domenica 22 gennaio 2023

ROBERTO ROVERSI


Vi saluto, addio,
libri, libretti miei. Cari adorati. Io
non ho altri amici che voi
veri sinceri.
Quanti anni insieme
in un silenzio di opere garbate
bastava che allungassi la mano
e suoni s’alzavano di liete campane
nonché quel bisbigliare notturno
che da solo potevo ascoltare. Addio
per adesso non vi abbandono, lo giuro,
non vi abbandono affatto
sotto le unghie del gatto.

lunedì 9 gennaio 2023

GIOVANNI PAPINI


QUINTA POESIA


Al freddo sapore di mela renetta,
in lingua, per tutta la bocca
che succhia ed aspetta,
ritorna negli occhi la ciocca
immobile al dolco d’autunno,
sospesa alla voglia — una frasca
di verde cognate a Vertunno
distesa nel latte di vasca.
Mela renetta che mordo,
in questo riposo di festa,
adagio, come un ricordo
di dolcezza manifesta.
Una mi basta: nel gusto
di quell’instante, di quel morso,
rivedo all’ombra oblique del fusto
passare il blù come un chiaro discorso.
Tutto abbandono in disparte.
Figliolo di terra ed erede
d’incontrastabile parte
il Dio mal creduto mi vede.
Mia la foglia che strappo odorando
le dita — ma più la discesa
che rifarò, tra poco, pensando
a me, sotto l’aria che pesa.
Mia tutta, la campagna, in quel sapore
che maturamente si distrugge e si disfà,
mio l’odore e l’afrore
dell’imprecisa immensità.