giovedì 16 marzo 2023

WALTER GALLI

  

La grande poesia di Walter Galli, uno dei più grandi poeti dialettali italiani del secondo Novecento e il più grande in assoluto della storia di Cesena.

I nómar sgaf dla Valdóca (Quartiere di Cesena, ndr)
Prema ch’e’ sia trop tèrd
bsugnarà pu ch’a v’ degga dla Valdóca:
quàtar capani sgangarèdi e una vióla,
e dla zenta ch’la j à campè la vita aqué:
instèdi cun al moschi int j ócc
e invìran ch’e’ giazeva l’acva int i calzìdar,
me, e’ fiól ’d Galóz e’ barbir,
prema che gnasquèl e’ sia pórbia.
Cuntev la stória
ad clu ch’l’è arturnè a ca’ da l’Argentina
dopo a trent’an, l’à rapè al schèli senza arfiadè,
u s’è stuglè int e’ lèt invstì, e l’è passè acsé,
ad cl’ètar ch’a tulami sempra in zir
parché e’ scureva e e’ rideva da par lo,
de’ pór Giorgio ch’e’ tulét méi fès ’mazè ’d bòti
piotòst che fè la spia cun i tedesch,
dla Fidalma cla vólta ch’la balét
cun e’ fiól de’ Marchés a e’ Leon d’Ór,
invstida da Pierró, e’ lun lóv de’ vintcèt.
I numeri dispari della Valdoca
Prima che sia troppo tardi / bisognerà pure che vi dica della Valdoca: / quattro catapecchie sgangherate e un vicolo, / e della gente che ha campato la vita qui: / estati con le mosche agli occhi / e inverni che gelava l’acqua nei secchi, / io, il figlio di Galóz il barbiere, / prima che tutto sia polvere. // Raccontarvi la storia / di quello che ritornò dall’Argentina / dopo trent’anni, ha salito le scale senza fiatare, / si è disteso vestito sul letto, ed è passato così, / di quell’altro che prendevamo sempre in giro / perché parlava e rideva da solo, / del povero Giorgio che preferì farsi ammazzare di botte /
piuttosto che fare la spia con i tedeschi, / della Fidalma quella volta che ballò / con il figlio del Marchese al Leon d’Oro, / in costume da Pierrot, il lunedì grasso del ’27.
Potrebbe essere un'immagine in bianco e nero raffigurante 1 persona e barba

lunedì 6 marzo 2023

GIORGIO CAPRONI

 

Non uccidete il mare,
la libellula, il vento.
Non soffocate il lamento
(il canto!) del lamantino.
Il galagone, il pino:
anche di questo è fatto
l’uomo. E chi per profitto vile
fulmina un pesce, un fiume,
non fatelo cavaliere
del lavoro. L’amore
finisce dove finisce l’erba
e l’acqua muore. Dove
sparendo la foresta
e l’aria verde, chi resta
sospira nel sempre più vasto
paese guasto.
Come potrebbe tornare a essere bella,
scomparso l’uomo, la terra.

domenica 26 febbraio 2023

GIORGIO CAPRONI

 

Il mare brucia le maschere,
le incendia il fuoco del sale.
Uomini pieni di maschere
avvampano sul litorale.
Tu sola potrai resistere
nel rogo del Carnevale.
Tu sola che senza maschere
nascondi l’arte d’esistere.

venerdì 10 febbraio 2023

AMELIA ROSSELLI

 


I fiori vengono in dono e poi si dilatano
una sorveglianza acuta li silenzia
non stancarsi mai dei doni.
Il mondo è un dente strappato
non chiedetemi perché
io oggi abbia tanti anni
la pioggia è sterile.
Puntando ai semi distrutti
eri l'unione appassita che cercavo
rubare il cuore d'un altro per poi servirsene.
La speranza è un danno forse definitivo
le monete risuonano crude nel marmo
della mano.
Convincevo il mostro ad appartarsi
nelle stanze pulite d'un albergo immaginario
v'erano nei boschi piccole vipere imbalsamate.
Mi truccai a prete della poesia
ma ero morta alla vita
le viscere che si perdono
in un tafferuglio
ne muori spazzato via dalla scienza.
Il mondo è sottile e piano:
pochi elefanti vi girano, ottusi.
C'è come un dolore nella stanza, ed
è superato in parte: ma vince il peso
degli oggetti, il loro significare
peso e perdita.
C'è come un rosso nell'albero, ma è
l'arancione della base della lampada
comprata in luoghi che non voglio ricordare
perché anch'essi pesano.
Come nulla posso sapere della tua fame
precise nel volere
sono le stilizzate fontane
può ben situarsi un rovescio d'un destino
di uomini separati per obliquo rumore.

domenica 22 gennaio 2023

ROBERTO ROVERSI


Vi saluto, addio,
libri, libretti miei. Cari adorati. Io
non ho altri amici che voi
veri sinceri.
Quanti anni insieme
in un silenzio di opere garbate
bastava che allungassi la mano
e suoni s’alzavano di liete campane
nonché quel bisbigliare notturno
che da solo potevo ascoltare. Addio
per adesso non vi abbandono, lo giuro,
non vi abbandono affatto
sotto le unghie del gatto.

lunedì 9 gennaio 2023

GIOVANNI PAPINI


QUINTA POESIA


Al freddo sapore di mela renetta,
in lingua, per tutta la bocca
che succhia ed aspetta,
ritorna negli occhi la ciocca
immobile al dolco d’autunno,
sospesa alla voglia — una frasca
di verde cognate a Vertunno
distesa nel latte di vasca.
Mela renetta che mordo,
in questo riposo di festa,
adagio, come un ricordo
di dolcezza manifesta.
Una mi basta: nel gusto
di quell’instante, di quel morso,
rivedo all’ombra oblique del fusto
passare il blù come un chiaro discorso.
Tutto abbandono in disparte.
Figliolo di terra ed erede
d’incontrastabile parte
il Dio mal creduto mi vede.
Mia la foglia che strappo odorando
le dita — ma più la discesa
che rifarò, tra poco, pensando
a me, sotto l’aria che pesa.
Mia tutta, la campagna, in quel sapore
che maturamente si distrugge e si disfà,
mio l’odore e l’afrore
dell’imprecisa immensità.

giovedì 29 dicembre 2022

AMALIA GUGLIELMINETTI

 

Siamo soli nel mondo: ciascun vive in mezzo a un deserto.
Nulla per noi è certo fuorchè questo vuoto profondo.

E i contigui casi degli uomini, e i sogni e le cose
son come ombre fumose vanenti su torbidi occasi.

Talvolta amor mezzano avvicina due solitari,
li illude un’ora e ignari e ignoti li avventa lontano.

Ciascun ch’ami il suo orgoglio la sua verità o il suo errore
è un mesto viaggiatore superstite sopra uno scoglio.

S’illude egli alle prime carezze dell’onde e del vento,
ma tosto lo sgomento dello spazio enorme l’opprime.

Né v’ha cosa più triste della non colmabil lacuna,
dell’ombra che s’aduna fosca fra chi esiste e chi esiste.