martedì 11 febbraio 2025

VIRGILIA D'ANDREA

 

NON SONO VINTA!
No, non son vinta. Vibra, in me, più forte,
L’ardente fede ne l’angusta cella,
e frange i ferri e batte le ritorte,
l’onda del sogno, che il mio cor flagella.
No, non son morta. Ma più puri e alati
getta la penna, nei tumulti, i versi,
ed essi vanno, azzurri e fascinati,
verso il nitore di bei cieli tersi.
Quando da sola l’anima cammina,
e insidie e frodi il mondo le congiura,
e nel fosco de l’ombra essa indovina
che v’è l’agguato bieco o la sventura,
E passa e lotta e resistente avanza,
senza sgomento, verso l’alte cime,
ed aspra più diventa la distanza,
e più le sembra il sogno suo sublime;
Quando… pur triste… e fragile parvenza
inchioda, il mondo, ad ascoltar la voce,
che dalla cupa e turbinosa essenza
urla il martirio della ingiusta croce,
Allor s’è fatto di granito il core.
E non cede, non muta e non dispera:
canto è di sogno che, giammai, non muore. Fonte ingemmata di bellezza vera.
Oh! ben lo so… che se cantato avessi
le vostre glorie e le dorate sale…
se nel tumulto de la vita avessi
anch’io venduto o spento l’ideale,
Certo mi avreste aperto intero il mondo,
rose m’avreste sparse sul cammino,
rete di sogno mèmore e profondo…
Forse… l’alloro… in fondo al mio destino.
Ma ho cantato di cenci… e ho calpestato
tenero, il fior, de le languenti dame;
ma ho scoperto i solai… e ho profanato
L’aria col tanfo de l’occulta fame.
Ma ho cantato di stanchi e di perduti,
di desolati nei singhiozzi proni,
ho pianto sopra i morti ed i caduti,
E merito la gogna… e le prigioni.
Stringete, dunque, ancor… ferri e catene!
Le azzurre strofe mie battono l’ala
verso le lotte de le grandi arene.
Le raccoglie la teppa e le immortala.

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