TONINO GUERRA l'ho incontrato un sacco di volte presso la Galleria La Bottega di Ravenna, del nostro grande amico comune Giuseppe Maestri da cui apprese l'arte dell'incisione, che praticava con modestia e in silenzio. La Galleria oggi è stata riaperta nel gennaio 2011 ad opera del pittore Carlo Amaldi, proprio con una mostra di suoi lavori. Pochi fortunati possono dire di avere in casa uno dei suoi deliziosi quadretti, che riportano in tutto e per tutto alle atmosfere dei disegni di Fellini. Fellini e Guerra erano un binomio praticamente perfetto, tanto nel cinema quanto nella vita comune, dove erano amicissimi. Nel giugno del 1990 ebbi modo di intervistarlo per la defunta "Gazzetta di Ravenna". Qualche anno dopo mi recai a Pennabilli per vedere il "Giardino dei Frutti Dimenticati": Giunto in paese, non sapevo dove andare e risolsi di chiedere informazioni alla prima persona che avessi incontrato. Bè, il caso volle che la prima persona in assoluto fosse proprio lui. Era nella piazza dove a pochi metri c'era il "suo" giardino, ed era in compagnia di un altro signore anziano. Fu in pratica l'ultima volta che lo vidi di persona. Gli ultimi anni per lui sono stati un calvario: nel 93 la morte di Fellini, poi un tumore al cervello, poi il suicidio della figlia nel 2006, ed infine la scomparsa di Michelangelo Antonioni l'anno dopo, un altro regista, suo conterraneo, con cui aveva lavorato e a cui era molto legato. Con lui se ne va proprio la Romagna, quella più vera, più schietta, più autentica. Dopo Tonino Guerra ci sono ancora poeti e studiosi che in qualche modo rappresentano ancora molto egregiamente lo spirito romagnolo, come il Prof. Giuseppe Bellosi o il poeta Nevio Spadoni, o il poeta Giovanni Fucci, ma sono tutte persone non più giovanissime e senza nemmeno eredi personali. Parafrasando una battuta di una vecchia commedia romagnola "Muort Verdi un gnè piò gnint" (Morto Giuseppe Verdi non c'è più nulla), lo stesso potrà dirsi un domani di Tonino Guerra, se un qualche autore di commedie romagnole vorrà ricordarlo in un contesto degno di lui. Ma, anche qui, a parte Nevio Spadoni da Ravenna (noto anche in America grazie al Teatro delle Albe), c'è il vuoto assoluto. Nella foto sotto, il tappeto mosaicato sospeso, a Cervia, col sale, tipico prodotto locale dal tempo degli Etruschi. Un'altra delle sue eredità che siamo chiamati a conservare.
Cuntent a sò ste tanti vuolt
mo mai coma quela
c'aj ho vest
una parpaja vulè
senza sintì la voja
ad magnela
Contento fui tante volte
mai però come quella
quando vidi volare una farfalla
senza provare la voglia
di mangiarmela
(scritta nel '46 dopo anni da prigioniero in un campo nazista)
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